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Spunti di riflessione dal IV Simposio di Studi Catechetici.

 

 

Giovedì 3 marzo, io e Pino, come responsabili della Comunità "Immacolata" del Rinnovamento Carismatico Cattolico di Milazzo, abbiamo partecipato a Messina presso l’Istituto Teologico S. Tommaso al 4° Simposio di Studi Catechetici dal tema: “Iniziare alla fede le nuove generazioni”.

Tale incontro di studio prevedeva la presenza di illustri relatori, nonché i saluti di S. Ecc. Rev. Mons. Salvatore Muratore, Vescovo di Nicosia e Presidente della Commissione Episcopale per la Catechesi e la Dottrina della Fede della C. E. Si (Conferenza Episcopale di Sicilia) e di Don Russo Giovanni, Preside dell’Istituto Teologico S. Tommaso di Messina.  L’introduzione al Simposio è stata tenuta da Don Franco Di Natale, Direttore del Centro di Pedagogia religiosa “Don Giovanni Cravotta” di Messina.

Tra i relatori che hanno animato l’incontro con i loro interventi quanto mai esaustivi ed illuminanti, si evidenziano i nomi del Professor Don Gianfranco Venturi, sacerdote salesiano e docente di Liturgia, membro del gruppo del “Servizio Nazionale del Catecumenato-CEI” e del Professor Giuseppe Savagnone, docente di Filosofia, direttore dell’Ufficio per la Cultura, l’Educazione, la Scuola e l’Università della C.E.SI. Di quest’ultimo ho creduto interessante offrire una sintesi di quanto da lui proposto alla riflessione di ciascuno, affinché serva di arricchimento personale per tutti.

Per rispondere al tema del Simposio, ossia “Evangelizzare le nuove generazioni nella post-modernità”, il Prof. Savagnone pone una interessante premessa: il rischio di demonizzazione nella cultura attuale e necessità della ricerca delle “domande inespresse” delle potenzialità nascoste” e delle “risorse” che essa contiene. Occorre partire dalle domande di oggi per riscoprire le risposte del Vangelo attraverso le esigenze maturate nella cultura e nella società contemporanee, sia pure purificandole.

Tre aspetti della post-modernità si rilevano per ricavarne indicazioni sull’evangelizzare oggi: la rilettura dell’ “essere”, dell’”essere con” e dell’”essere per”.

Nella rilettura dell’essere, si considera la sottolineatura post-moderna della ricchezza del soggetto, della molteplicità di volti e sfaccettature che esso contiene.

Sostiene il Prof. Savagnone che le cose importanti non si insegnano, ma si testimoniano, sperimentando nella propria persona quello che si pensa e si vive nell’unità della propria identità, che continua a mantenere nello stesso tempo molteplicità di aspetti, relazioni ed esperienze. L’età moderna, presentando personalità monolitiche ed a tutto tondo, negava ed esorcizzava i loro lati oscuri e tumultuosi ( l’ES di Freud) per poi magari viverli in parallelo in un regime di falsità ed ipocrisia, in una sorta di Dr. Jeckill e Mister Hyde insito in ognuno. I “mostri”, però, presenti dentro di noi non vanno rimossi, perché continueranno a sussistere nella loro tumultuosità e problematicità, ma vanno “perdonati”, fatti riaffiorare nella coscienza ed affrontati metabolizzando tutta la loro carica pulsiva per costruire vita e non morte. La post-modernità restituisce il diritto di essere molteplici e libera la ricchezza dell’identità. E’ essenziale che l’evangelizzazione tenga in considerazione tutto ciò, avvicinandosi e accogliendo l’altro così com’è; “tu devi essere come Dio ti conosce, così come sei, non come devi essere, tu sei tu e non un altro e non quello che gli altri vogliono che tu sia, senza uno schema in cui intrappolare l’identità.

Deve vigere allora nella Chiesa l’essere uno ed evangelizzare l’unità dell’io senza mortificarne la ricchezza nel rapporto con l’altro.

Il secondo aspetto, la rilettura dell’”essere con”, rivaluta in modo più maturo e responsabile lo stare con l’altro, pur considerando la sottolineatura post-moderna dell’irriducibilità del singolo alla comunità.

L ‘età moderna era quella del totalitarismo e del familismo ( a tale proposito si ricordi la figura della monaca di Monza ritratta magistralmente dal Manzoni ne “I Promessi Sposi”…).

Quanti sono stati sacrificati alla ragion di Stato o alle ideologie o anche semplicemente alla volontà dei genitori.

La post-modernità, valorizzando l’autonomia come autenticità, restituisce il diritto di essere se stessi. Il rischio è quello di cadere nell’individualismo (“il farsi i fatti propri”), che a lungo andare mostra tutte le sue carenze ed anche la sua pericolosità.

Ognuno è se stesso, ma chiamato a stare e ad interagire con l’altro, cogliendo di tale esperienza tutta la ricchezza e la crescita nella diversità. “I fatti tuoi sono fatti di tutti”…. nel senso che le loro conseguenze investono inesorabilmente tutti prima o poi.

In ambito ecclesiale, il rischio dell’individualismo è quello di mascherarsi della retorica della comunione; al contrario occorre ricostruire vere comunità di apertura, di attenzione e di amore all’altro nella reciproca crescita ed arricchimento spirituale ed evangelizzare la comunione senza mortificare le differenze.

Il modello per realizzare un’autentica comunione, un vero e fruttuoso “essere con” è la figura di Maria, la Madre di Gesù. Gli evangelisti ci dicono che “lei conservava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”.

Il verbo greco usato è il SUNBALLO, che significa propriamente “mettere insieme, collegare”…. Maria collegava nel suo cuore i rapporti con l’altro e gli eventi per scoprirne il senso profondo e nascosto e conseguentemente cogliere il progetto di Dio e cantarne le lodi.

Unire nella diversità è il verbo LEGO, ossia l’interpretare, il leggere la realtà, che è una, ma molteplice. Dal LEGO diviene il LOGOS, che non è un blocco monolitico e statico, ma è dinamicamente uno con ricchezza di diversità.

Il LOGOS, infatti, è l’unità che comprende la molteplicità già nel mistero di Dio e poi, nel farsi carne, ponendo la sua tenda in mezzo a noi.

Il terzo aspetto, la rilettura dell’”essere per”, mette in evidenza la ricchezza reciproca dell’identità. Non si può sacrificare il singolo per la comunità, ma la comunità cresce per la ricchezza di ogni singolo. Il valore del singolo è fortemente relazionato ai vincoli di responsabilità nei confronti degli altri.

L’età moderna aveva esaltato i “frutti”, la missione, il dovere.

La post-modernità valorizza i “fiori”, la felicità, l’originalità del cammino di ciascuno, con il rischio di annullare la missione e di cadere in una visione autoreferenziale dell’autorealizzazione. Come visione narcisistica e di mero autocompiacimento, l’autorealizzazione è una trappola che uccide l’interiorità della persona ed il suo essere relazionale.

I “fiori” ed i “frutti” vanno considerati, valorizzati e ricercati insieme, l’esistenza di uno senza l’altro comporta  una frattura ed una sterilità interiore e spirituale.

L’autorealizzazione deve essere insita e conseguente al servizio: essere per essere per l’altro, che non è un gioco di parole, ma vuol significare che il vero senso di ogni vocazione è direttamente proporzionale al valore della missione.

Al termine della relazione, estremamente interessante ed esaustiva del Prof. Savagnone, Don Raimondo Frattallone, Ordinario di Teologia Morale, Vice Direttore della Scuola Superiore di Specializzazione in Bioetica e Sessuologia, con un suo brevissimo intervento ha completato ed arricchito quanto già detto invitando alla riflessione profonda sull’identità, che è tale considerando in essa il progetto di Dio: il mistero del trascendente, del divino si innesta nell’identità del singolo.

A tutti i livelli il problema dell’identità è il problema di oggi, fenomenologico, sociologico, psicologico, teologico. Afferma Don Frattallone che dalla creatura non si può tagliare l’origine da cui prende inizio la sua identità, ossia il Creatore.

Come “ciliegina sulla torta”, le considerazioni di Don Raimondo hanno permesso a tutti quel salto nel trascendente, che da sempre e per sempre ci fa essere ciò che siamo, figli di Dio amati e salvati.

 

 

Cinzia Riccardi Barranco

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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