OMELIA 1 GENNAIO
Fr.
Felice Cangelosi, OFMCap |
1 gennaio Solennità di Maria Santissima Madre di
Dio Festa della donna – Festa della mamma – Festa della verginità 1. Otto giorni
dopo il 25 dicembre, la Chiesa celebra la solennità di Maria SS. Madre di Dio
come parte essenziale del Natale. È la prima festa mariana comparsa nella Chiesa
occidentale, dopo che il Concilio di Efeso (431) aveva sancìto solennemente una
verità tanto cara al popolo cristiano: Maria è vera Madre di Cristo, che è vero
Figlio di Dio. È la più importante di tutte le feste della Madonna, la festa
primaria, la festa primordiale di Maria. Il Capodanno è un puro fatto
convenzionale e risulta secondario rispetto alla memoria della Tuttasanta, la
Panaghìa Theotokos, la Santa Dei Genitrix. Ma è significativo celebrare la festa
della Madre di Dio nel primo giorno di ogni anno, perché è per mezzo di Maria
che possiamo sincronizzare il nostro tempo e il nostro calendario con quello di
Dio.
2. Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò
il suo Figlio, nato da donna (Gal 4,4). Anche l’odierna proclamazione
dell’Apostolo Paolo è il più antico passo biblico mariano del Nuovo Testamento,
nel quale si attesta che Maria è la donna della pienezza del tempo, situata al
centro della storia della salvezza; lei stessa il centro di questa storia,
perché da lei è nato il Figlio di Dio; lei il “luogo” in cui Dio si unisce
all’uomo in modo nuovo e definitivo. 2 Termine fisso d’eterno consiglio”, la
chiama Dante per dire che Maria è il termine, è il punto d’arrivo, è il momento
fissato da Dio nella storia dell’umanità a cui tutti dobbiamo sempre guardare
per ricordarci chi siamo e dove andiamo. L’eterno consiglio di Dio ha disposto
che in questa donna avvenisse il passaggio dalla promessa alla realtà e
cominciasse una nuova era.
3. Nato da donna (factum sub muliere) è una
affermazione importantissima: ci dice che Gesù non è una fiaba o una leggenda, e
neanche è un’apparizione celeste. No. Nato da donna, egli è pienamente inserito
nell’umanità e nella storia, “in tutto simile agli uomini” (Fil 2, 7). Se Paolo
avesse detto: “nato da Maria “, si sarebbe trattato solo di un dettaglio
biografico; avendo detto “nato da donna, ha dato alla sua affermazione una
portata universale e immensa. È la donna stessa, ogni donna, che è stata
elevata, in Maria, a tale incredibile altezza. Maria è qui la donna per
antonomasia.
4. Festa della donna Pertanto la celebrazione di
oggi, tutta centrata sulla divina maternità di Maria, si configura come la vera
festa della donna, una festa da affrancare finalmente e liberare dalla
dissacrazione del femminismo più deleterio, che lungi dal promuovere la donna
nella sua dignità, la degrada, la umilia e la offende, la induce alla ricerca
dei più squallidi piaceri o la rende semplicemente oggetto e merce da usare. La
festa della donna sarà vera solo quando si sarà capaci di scorgere in ogni donna
la figura di Maria di Nazareth, la 3 donna per eccellenza. «La femminilità si
trova in una relazione singolare con la Madre del Redentore, … la figura di
Maria di Nazareth proietta luce sulla donna in quanto tale per il fatto stesso
che Dio, nel sublime evento dell'incarnazione del Figlio, si è affidato al
ministero, libero e attivo, di una donna. … la donna, guardando a Maria, trova
in lei il segreto per vivere degnamente la sua femminilità ed attuare la sua
vera promozione. Alla luce di Maria, la Chiesa legge sul volto della donna i
riflessi di una bellezza, che è specchio dei più alti sentimenti, di cui è
capace il cuore umano» (Redemptoris mater 46). Non ci sarà mai un femminismo
autentico sino a quando esso prescinderà dalla fede, sino a quando, con l’ottica
della fede, non si comprenderà che Maria è la donna per eccellenza; in Maria c’è
la pienezza della femminilità, e Maria è l’unico paradigma col quale ogni donna
si deve confrontare.
5. Nel momento della Annunciazione Dio si rivolge
alla giovane donna Maria di Nazaret per avere la sua “collaborazione” per
l’Incarnazione del Figlio su questa terra. Un atto senza dubbio di rispetto e di
stima altissima. Dio scavalca le strutture della cultura giudaica del tempo e
tutti i giudizi e pregiudizi degli uomini sulla donna. Lo “stile” e la
metodologia usata da Dio nell’Annunciazione sono molto significativi. “Il
dialogo di Nazaret ci appare come il momento più pregnante e il punto più alto
del femminismo nella storia della salvezza” (Documento dei Servi di Maria). Dio
non usa Maria come una “cosa” o come uno “strumento” per i suoi progetti, e lei
si pone davanti a Dio come soggetto libero e responsabile per l’opera
dell’Incarnazione. Il Signore 4 ha circondato di rispetto e di un amore
perfettissimo la femminilità di Maria: non ne ha in alcun modo minacciato
l’identità. Dio non ha strumentalizzato Maria nell’opera della Redenzione, ma
l’ha sommamente rispettata, ascoltata e valorizzata. Maria ha poi detto il suo “
Sì ” libero, cosciente e indiviso. Lei credeva fermamente che quel Dio che le
chiedeva tutto non opprimeva la sua libertà né minacciava la sua identità di
donna libera, non paralizzava la maturazione della propria femminilità e della
sua personalità, ma l’aiutava a essere se stessa in pienezza. Era convinta che
se Dio le chiedeva il sacrificio di qualcosa lo faceva per aprirle orizzonti più
grandi. Maria è la “nuova Eva”, che non è caduta nella trappola del sospetto in
cui sono caduti la prima Eva e il primo Adamo, e di cui è vittima l’uomo
moderno: vedere Dio come un concorrente e come rischio per la propria autonomia
e maturazione. A Dio che le chiedeva tutto, Maria nella fede ha donato tutto.
Proprio per questo lei stessa canterà nel Magnificat “Tutte le generazioni mi
diranno beata” cioè nella gioia piena, felice, perché realizzata pienamente come
donna e come credente. La sua grandezza sfida i secoli e non conosce l’usura
della storia e del tempo. “Maria è il prototipo della genuina femminilità”
(Edith Stein).
6. Festa della Mamma Proclamando, dunque, la
grandezza di Maria, noi celebriamo la festa della donna, la vera festa della
donna. E nel medesimo tempo celebriamo la vera festa della mamma. Sì, perché
Maria è Madre, è la Madre del Figlio di Dio. Lei ha concepito, portato in grembo
e partorito il Figlio di Dio. In lei c’è il paradigma di ogni maternità. 5 Al
momento dell’Annunciazione l’Angelo le dice: «Ecce concipies in utero» (Lc 1,
31-33). Quando hanno fatto la traduzione italiana hanno pensato male (non bene)
di eliminare la parola utero, ma nel testo latino c’è, così come nel testo greco
c’è en gastrì (= stomaco, pancia, utero, seno, grembo). L’Angelo, quindi, dice a
Maria: concepirai nel tuo utero, non in una provetta. Queste parole
dell’evangelista Luca suonano come un richiamo preciso all’uomo di oggi che
considera ormai normale la fecondazione extracorporea.
7. Lo Spirito Santo scenderà su di te; su te
stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo (Lc 1,35), dice ancora l’Angelo.
E così Maria diventa Madre: per transustanziazione della sua materia. Con il
concepimento ad opera dello Spirito, avviene la transustanziazione dell’ovulo di
Maria nel corpo e sangue di Cristo. Pur conservando le sue caratteristiche
naturali, la materia umana si trasforma cioè in materia divina-umana, e per
opera dello Spirito Santo l’ovulo di Maria diventa subito vero Dio e vero uomo.
Lì Dio è venuto sulla terra. Ed è venuto di persona. Quindi la prima Messa e la
prima Santa Comunione sono avvenute in quel tabernacolo, l’utero della Madonna:
la quale, nel donare la propria carne, riceve in sé la carne e il sangue di
Gesù. Maria ha dato all’Incarnazione la sua materia umana, cioè offrendo il suo
utero ma prima ancora l’ovulo che non è stato fecondato da uno spermatozoo ma
per opera dello Spirito Santo. Il concepimento di Gesù è avvenuto senza alcun
concorso da parte di uomo, e questo resta un mistero della fede. Ma significa
anche che Gesù, come vero uomo, ha un DNA soltanto mariano. Ha il sangue di
Maria. Ed è bello come la sua mamma che l’ha generato. La bellissima! 6 “Come
cantare le tue lodi, santa vergine Maria? Colui che i cieli non possono
contenere, tu lo hai portato nel grembo”: così la Liturgia di oggi. Ma non c’è
solo questo. Non possiamo pensare all’utero di Maria come a un sacro
contenitore. La maternità è più di questo: la maternità è un legame viscerale di
carne e di sangue. Lo spiega bene sant’Atanasio, osservando che l’angelo non
disse a Maria: colui che nascerà «in te», perché «non si pensasse a un corpo
estraneo a lei», ma le disse «da te», perché «si sapesse che colui che ella dava
al mondo aveva origine proprio da lei» (Ad Epittèto 5-9). Così che non se ne può
negare la vera umanità. Altro che utero in affitto e aberrazioni del genere. La
maternità di Maria è realissima, così come realissima è l’Incarnazione del
Verbo.
8. Festa della verginità In questo giorno la
Chiesa afferma la verginità feconda di Maria e non cessa di proclamarla Vergine
e Madre. E oggi è anche la festa della verginità. Il concepimento del Figlio di
Dio è avvenuto in modo tutto speciale, e anche la sua nascita è stata speciale,
non è stata proprio come la nostra. Maria, infatti, è rimasta vergine: prima,
durante e dopo il parto. Questo significa che Gesù è passato a porte chiuse,
perché Lui era Dio e poteva farlo: autore e Sovrano della materia. Come è
passato a porte chiuse nel cenacolo, così ancora prima è entrato ed è uscito a
porte chiuse dal grembo della Madonna. Questo è un concetto semplicemente
fondamentale, perché negare la verginità totale della Madonna è il primo passo
per negare la divinità di Cristo: se non crediamo che Lui può passare a porte
chiuse, 7 vuol dire che noi dubitiamo che Lui sia Dio! Ed è l’anticamera di
vecchie eresie. Sant’Agostino, come altri Padri della Chiesa, spiega che Maria è
rimasta «Vergine nel concepimento del Figlio suo, Vergine nel parto, Vergine
incinta, Vergine madre, Vergine perpetua» (Sermo 186, 1: PL 38,999). L’uomo non
avrebbe mai immaginato «che una vergine potesse diventare madre, partorendo un
figlio pur restando vergine» (Sant’Ireneo, Contro le eresie). Nella solenne
festa del 1 gennaio, la Chiesa ci fa lodare con questa frase la figura di Maria:
«Come il roveto, che Mosè vide ardere intatto, integra è la tua verginità, Madre
di Dio» (Liturgia delle Ore, III antifona dei Primi Vespri). Solo la fecondità
di una vergine poteva darci il Figlio di Dio. Solo tale parto si addice a Dio:
talis decet partus Deum (s. Ambrogio, Inno per il tempo di Avvento). E la
Chiesa, piena di stupore, canta: Vieni, redentore delle genti rivela il parto
della vergine i secoli si meravigliano tale parto si addice a Dio.
9. Vergine Madre, figlia del tuo Figlio. È
mirabile questa sintesi teologica di Dante, il divino poeta che esalta la
reciprocità tra Gesù e Maria, allo stesso tempo madre e figlia di Colui che Lei
stessa ha generato. Ascoltiamo ancora l’esaltazione di Maria nelle parole di
Dante: Tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì, che ’l suo fattore non
disdegnò di farsi sua fattura. In una ragazza di Nazareth, l’umile Figlia di
Sion, si è realizzata la più grande rivoluzione della storia. Nella pienezza 8
dei tempi Dio si è fatto fare da Lei; il Creatore è diventato opera della sua
creatura, fattura della sua umile serva. Così Maria ha nobilitato, ha reso
nobile l’umana natura e l’uomo è ritornato alla santità della sua prima origine,
ha recuperato la sua primordiale dignità di immagine e somiglianza di Dio. Così
Maria ha nobilitato la maternità, e questa in lei è apparsa in tutto il suo
splendore. “In lei, madre di tutti gli uomini, la maternità, redenta dal peccato
e dalla morte, si apre al dono della vita nuova” (Prefazio di Avvento 2/A) nel
Verbo che si è fatto carne in lei. Grazie a questa donna Dio si è fatto uomo, e
l’uomo è stato divinizzato. 10. Nella grandezza della maternità della Madonna si
ricapitola ogni maternità, e noi possiamo affermare che la vita umana è opera
del genio femminile. A ragione il Concilio ecumenico Vaticano II aveva affidato
alle donne questa missione: «Riconciliate gli uomini con la vita». Promuovendo
la vita, operando a favore della vita, «le donne hanno uno spazio di pensiero e
di azione singolare e forse determinante: tocca a loro di farsi promotrici di un
«nuovo femminismo» che, senza cadere nella tentazione di rincorrere modelli
«maschilisti», sappia riconoscere ed esprimere il vero genio femminile in tutte
le manifestazioni della convivenza civile, operando per il superamento di ogni
forma di discriminazione, di violenza e di sfruttamento» (Evangelium vitae n.
99). La maternità è l’elemento costitutivo della natura femminile. È nella
maternità che la donna si realizza pienamente, non solo nella maternità fisica,
ma anche in quella adottiva e in quella spirituale. Ogni donna deve sentire di
appartenere a qualcuno: ad un marito o meglio a Cristo attraverso il marito 9
(nel matrimonio) o a Cristo direttamente (nella verginità consacrata). E ogni
donna deve gioire di sentirsi femmina, madre e sposa: tre dimensioni che devono
andare in armonia. La donna è visceralmente madre: nella mente, nel cuore e nel
corpo. Perché la maternità è realtà ontologica, cioè sostanza profonda della
natura femminile. Non esiste contestazione capace di negare questo. La nostra
società deve recuperare il valore bello della maternità, un valore immenso con
più facce, come un diamante risplendente. La maternità è lo splendore della
donna, perché quando diventa madre, per lei è come una rinascita, dove raggiunge
il suo massimo splendore. La maternità è un capitale. I figli sono il capitale
umano, quindi la forza e il futuro della società. Una società di vecchi non ha
futuro. Anche gli economisti si stanno rendendo conto che la crisi dell’economia
occidentale è molto legata al crollo della natalità. È l’utero gravido che dà
vita alla storia. La maternità è garanzia di equilibrio tra i popoli, è
affermazione dell’ecologia umana integrale: un popolo che non genera, oltre
danneggiare se stesso, danneggia l’armonia della Creazione. La maternità supera
i confini ideologici o religiosi. La maternità è la religione sopra le religioni
e le unisce tutte, perché è la religione dell’amore uguale per tutti: l’amore
materno, che tutti ci ha generati. È questo l’ecumenismo vincente: la maternità
quale abbraccio di fraternità universale. Perché unico è il cuore di madre.
11. Celebriamo, dunque, la Madre di Dio;
celebriamo in lei la donna, ogni donna; e da Maria, vergine e madre, donna per
10 eccellenza, apprendiamo come si promuove la felicità e la bellezza della
donna. Se davvero si vuole promuovere la dignità della donna, è necessario
rispettare la natura come Dio l’ha creata, ed amarla nella sua meravigliosa
fisiologia femminile, che è sacra nella sua sapienza perfetta. Lo disse a suo
tempo il grande Papa Paolo VI nell’enciclica Humanae vitae, insegnandoci che non
bisogna cadere nell’angelismo e nemmeno nel relativismo morale, quello che oggi
va di moda e dice: “Credo in Dio ma la morale a modo mio”. È necessario capire
come il Creatore ha progettato la fisiologia riproduttiva dell’uomo e della
donna, piena di segni e significati. Lui ha dato alla donna le chiavi della
vita. Dio ha scelto la donna come regina della vita. La vita umana è sacra, ma è
sacro anche il gesto con cui gli sposi hanno il potere di trasmetterla. È un
gesto santo e santificante, è un atto di adorazione, se compiuto come Dio l’ha
pensato nel suo bel progetto (Giovanni Paolo II). Due sono i tabernacoli della
terra: l’uno è quello dell’Eucaristia, dove abita l’Autore della vita (qui in
Chiesa). L’altro: il grembo di una donna dove germoglia la vita. Due sono gli
altari: quello dove il sacerdote è ministro della Vita; l’altro è il letto
nuziale dove gli sposi amministrano la trasmissione della vita. Nella nostra
società degradata e pagana, la donna è stata lentamente espropriata della sua
potenza riproduttiva. L’uomo sta accelerando il suo più grave divorzio da Dio,
dall’ordine della Creazione, da quando ha messo le mani sull’albero della vita,
cioè con la tecnologia riproduttiva. Tutto è cominciato con la contraccezione.
Da lì la creatura si è impegnata a correggere il Creatore, facendosi del male.
11 Benedetto XVI ha detto che la nostra «è l’epoca del peccato contro il
Creatore» e Paolo VI affermava che «il peccato nel matrimonio è il cancro della
società». Oggi purtroppo ci sono di quelli che, pur di andare a braccetto con il
mondo, finiscono per benedire questo tipo di peccato, ma Giovanni Battista e
Tommaso Moro si fecero tagliare la testa pur di ribadire la verità sul
matrimonio e la morale coniugale. La Chiesa, quella di Cristo e non di altri, è
portatrice e annunziatrice di un vangelo della sessualità che va annunziato e
portato in congiunzione col vangelo della castità. Per essere autentici, i due
aspetti debbono camminare assieme. Quando non si capisce il valore della
“castità”, quando questa parola rimane indigesta, anche il vangelo della
sessualità viene a essere rifiutato. La natura umana, ferita dal peccato, tende
alla concupiscenza. Servono quindi la disciplina e la grazia: la castità è una
virtù che si conquista soltanto mediante la volontà e la preghiera. La castità
ci matura come persone e ci educa all’umiltà poiché ci mette in ginocchio e ci
fa riconoscere la nostra fragilità. Eppure non si sente mai parlare della grande
ricchezza della verginità. Oggi non si crede più al suo valore, si considera una
cosa inutile e disumana, una cosa sorpassata che non serve più. E i danni si
allargano a macchia d’olio nella società. È sufficiente leggere la cronaca. Il
Matrimonio non si potrà mai comprendere nella sua pienezza di senso e nella sua
verità sacramentale sino a quando non si comprenderà e non si apprezzerà il
valore della verginità. Viceversa, la verginità non si comprenderà sino a quando
il matrimonio non sarà vissuto e rispettato secondo il piano originario di Dio
Creatore.
12 Noi abbiamo bisogno di riscattare la moralità e
i costumi ormai tanto degradati, di elevarci ai sentimenti più nobili, di far
rinascere il desiderio della purezza, di riscoprire il segreto della vera gioia
e il gaudio interiore, di restaurare la scienza della bellezza. La migliore cura
per la bellezza non passa per l’estetista ma dal confessionale. Perché la
confessione non è un trucco, non mette toppe, ma rifà nuova la coscienza, la
libera dalle incrostazioni e fa brillare la bellezza che c’è in ognuno. 12. Oggi
è la giornata della pace, istituita a suo tempo dal Papa Paolo VI. Vengono alla
mente le parole di Madre Teresa, quando nel 1979 ricevette il premio Nobel per
la pace: “il più grande distruttore della pace oggi è l’aborto, perché è una
guerra diretta – un’uccisione diretta – un omicidio commesso dalla madre stessa.
Se una madre può uccidere suo figlio, chi impedisce agli uomini di uccidersi tra
di loro?”. A Maria, Madre del Cristo e di tutta la Chiesa, oggi vogliamo
chiedere il riscatto della nostra società di morte; vogliamo chiedere che si
affermi la cultura della vita e il rispetto di ogni vita umana, che si sviluppi
l’autentica dignità della donna, che si comprenda l’altissimo valore della
maternità e della verginità, che si riscopra il matrimonio quale intima e totale
unione tra un uomo e una donna e quale segno della indefettibile unità tra
Cristo e la Chiesa, che conferisce al matrimonio cristiano l’essenziale
prerogativa della unità e della indissolubilità. A Maria, Madre di Cristo e
madre nostra, chiediamo di elevare la nostra società volgendola verso una
cultura del bene, dell’onestà e della santità.
Amen. Fr. Felice Cangelosi, OFMCap
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