di Cinzia Barranco
Vogliamo ricordare con questo scritto quello che il Signore
Gesù ci ha detto nei quattro giorni di Ritiro Spirituale ad Avezzano
(AQ).
Ancora nel cuore ci risuona “come” Gesù ci abbia è
parlato, con immenso amore e tenerezza, come ci abbia fatto gustare la Sua Misericordia
e come abbia agito con potenza grande. Siamo tornati riedificati nel cuore e
rinsaldati nella fede e nella preghiera e nell’unità ed abbiamo
ripreso il cammino di tutti i giorni con maggiore slancio e rinnovata gioia.
Lode a te Signore Gesù.
Affinché ciò che abbiamo vissuto, ascoltato e meditato in quei
giorni non passi dalla nostra mente e soprattutto dal nostro cuore con lo scorrere
inesorabile del tempo, ricordiamo alcuni stralci, qualche frammento di quello
che il Signore attraverso i nostri interventi, il dialogo reciproco e le catechesi
di frà’ Raffaele ci ha detto nei giorni di grazia che a d Avezzano
ci ha concesso di vivere.
Il primo giorno, 13 settembre, durante la celebrazione Eucaristica, attraverso
il Vangelo, da subito il Signore ci ha parlato forte e chiaro: per condurre
un autentico cammino di fede, occorre “perdonare”. Ecco la prima
pietra di inciampo per noi, uomini di tutti i tempi! Possiamo e riusciamo in
tutto, ma è inutile negarlo, il “perdono” nel cammino cristiano
è ciò che pesa maggiormente, che costa e che difficilmente si
riesce a vivere. Gesù, però, vuole così! Ed allora, consci
delle nostre limitate capacità umane e spirituali, facciamo nostra la
preghiera di sant’Agostino: “Signore, dammi ciò che chiedi
e chiedimi ciò che vuoi”. È così che funziona! Davanti
al nostro poco, ricordiamo di avere un solo grande mediatore presso il Padre:
Cristo Gesù. Il Padre risponde alle preghiere fatte ne Nome di Gesù,
perché è Suo Figlio che chiede e chiede dal suo trono di gloria:
la croce! Accogliamo con gioia nel cuore che tutto ci è donato per Gesù.
Che sollievo per la nostra vita e per la nostra anima, sempre così oppressa
e stanca dal travagliato andare quotidiano… ed infatti il giorno dopo,
iniziata la preghiera al mattino davanti a noi, perché effettivamente
era nello spirito, la visione delle ossa aride in Ezechiele 37. Ossa aride che
per la Parola del Signore e la conseguente profezia riprendono carne e vita
e così è accaduto anche per noi, arrivati lì oppressi dai
pesi di tutti i giorni e che pian piano rinvigoriti dall’amore potente
del Signore riprendiamo vita, rialziamo la testa e ci accorgiamo che Dio ci
parla e ci sta aprendo orizzonti nuovi.
La prima riflessione di fra’ Raffaele è sul miracolo delle Nozze
di Cana e sul “Fate quello che vi dirà” (Gv 2,5), profezia
della comunità “Immacolata” di Milazzo. Siamo così
proiettati a Cana, duemila anni fa, nella sala dove si svolge uno sposalizio
cui sono stati invitati anche Gesù e sua Madre.
“Tre giorni dopo…”
: facendo i dovuti calcoli dal Battesimo di Gesù nel fiume Giordana ad
opera di Giovanni Battista, siamo nella prima settimana pubblica di Gesù
e questo “tre giorni dopo”, come ci indica Origene, è già
preludio della Risurrezione di Gesù dolo tre giorni. Anche questa prima
settimana di Gesù trova il suo anticipo nei sette giorni in cui Mosè
è stato sul monte Sinai per avere da Dio le Tavole della Legge: Gesù,
dalla sua prima apparizione pubblica nel Giordano, dopo sette giorni comincia
a darci ed a manifestarci una nuova Legge.
“Nel frattempo, venuto a mancare il
vino, la Madre di Gesù gli disse…”:
Maria non è chiamata mai con il suo nome da san Giovanni, perché
l’evangelista ritiene che sia importante il ruolo e la funzione di Maria
più del suo nome. Maria è importante solo se in riferimento a
Gesù, che solo è il Signore.
“Non hanno più vino”:
l’attenzione di Maria sta alle persone, alle quali sta mancando il vino
e non alle cose (poteva dire infatti: “non c’è più
vino”). Maria, in questo passo, rappresenta per san Giovanni tutto il
popolo di Israele che lamenta la mancanza del vino, simbolo della venuta del
Messia. Nell’A. T., la presenza del Messia era contraddistinta proprio
dall’abbondanza del vino: (cfr. Is 25,6; Os 2, 21-24; Am 9, 13-14; Gl
2, 19-26). Da sempre il vino è stato segno dei beni messianici.
“Che ho da fare con te, o donna?”:
Gesù, lungi dall’appellare dispregiativamente sua Madre con quel
“donna” , che è segno di grande rispetto, vuole in ogni caso
con questa frase ribadire la sua differenza sostanziale da Maria; infatti le
creature ragionano sul piano umano e sui bisogni strettamente umani, mentre
Gesù viene a dare di più… e ciò che accadrà
dopo lo dimostra ampiamente.
“Non è ancora giunta la mia ora”:
ricordando che il Kronos è il tempo che passa, qui Gesù intende
il Kairos, ossia il tempo di Dio e della Sua grazia.
L’ora di Gesù è quella della Croce, che porta alla Sua manifestazione
gloriosa.
“Fate quello che vi dirà”:
Maria è convinta dell’intervento di suo Figlio Gesù. È
certa della concretezza dell’azione divina, non dubita minimamente, ha
fede sicura, prima ancora di vedere e pure di capire.
“Vi erano là sei giare di pietra…”:
il numero sei è usato da s. Giovanni per indicare l’incompletezza,
in quanto deve venire il Messia, che solo è e dà completezza,
indicata dal numero sette.
“Riempite d’acqua le giare”:
l’acqua è incolore, insapore, inodore ed è segno del “non
senso” del mondo che va avanti senza Gesù. Il senso lo si ottiene
solo se si permette a Gesù di operare, solo Lui dà senso a noi
e alla nostra vita, il vino, invece, ha colore, sapore ed odore, tutto ciò
che Gesù dona all’esistenza di chi gli apre il cuore: il colore
della gioia, il sapore dell’amore e l’odore della santità.
In questa festa di nozze, s. Giovanni lascia nell’anonimato gli sposi,
perché in realtà lo sposalizio che si realizza e che è
importante è quello tra lo Sposo Gesù e la Sposa che è
la Chiesa. Sposalizio che come diceva Origene si compirà definitivamente
sulla Croce, eletto talamo nuziale.
“E come ebbe assaggiato l’acqua
diventata vino…”: il miracolo è avvenuto,
ma non basta. Deve cambiare il cuore per guardare diversamente la realtà.
I segni della potenza di Dio ci sono, ma non producono la fede, che invece è
propria adesione personale e che sola ci fa vedere i segni del passaggio del
Signore e del suo intervento in nostro favore. Nella s. Messa dello stesso giorno,
il 14 settembre, Esaltazione della santa Croce, durante l’omelia fra’
Raffaele ci ha ricordato che Gesù sulla croce ha vinto tre nemici: Satana,
il peccato, la morte. Gesù con la sua morte e risurrezione ha fatto tutto,
ha vinto e tutto ci è già stato rivelato e donato. Non abbiamo
bisogno di altro, di altre apparizioni e manifestazioni del divino, a queste
pensa la Chiesa col suo Magistero. Noi abbiamo già tutto in Gesù
e per Gesù. Per questo lo lodiamo, non per quello che farà per
noi, ma per quello che già ha fatto. Il cristiano canta l’alleluia,
perché ha vinto in Gesù, anche davanti alla morte; infatti i credenti
non muoiono, ma dormono il sonno eterno in attesa del ritorno glorioso di Gesù.
L’esperienza della morte vera e propria l’ha fatta solo Gesù
per amore e giustizia. Dio giudica il mondo caricandosi le sue sofferenze per
amore, mentre la nostra giustizia è retributiva e distributiva (dare
ad ognuno il contraccambio di quanto di male ha fatto). Fortunatamente per noi,
Dio ragiona in altro modo! Quando il mondo e il male ci attaccano e il nostro
cuore rischia di soccombere, c’è un solo rimedio al quale attaccarsi
per recuperare amore e forza: il Crocifisso, proprio come facevano i santi.
Occorre spesso guardare il Crocifisso per vedere un Vittorioso per amore e questo
ci consola, ci solleva… Tutto ciò ha trovato riscontro nella concretezza
degli eventi, proprio la sera stessa nella preghiera comunitaria del RnS che
si è svolta nella Chiesa di s. Giuseppe ad Avezzano, dove un numero smisurato
di fratelli si sono riuniti per lodare il Signore. Quello che ci ha colpito
è stata, oltre alla quantità, la partecipazione effettiva di tutti.
abbiamo trovato una grande fame dell’amore di Dio, un bisogno estremo
di sentirsi dire e di toccare con mano che Gesù è il Signore,
una tensione forte a gioire e a farlo insieme come famiglia. Calorosa è
stata l’accoglienza, intensa la preghiera e quando in alto è stato
posto proprio il Crocifisso, allora è stata un’apoteosi. Gesù
dal suo trono di gloria ci ha benedetto tutti ed è stata grande consolazione
e gioia.
Nella celebrazione Eucaristica del 15 settembre, giorno dedicato alla Vergine
Addolorata, nell’omelia ci viene fatto notare che Gesù è
l’Amen di Dio per sempre, il “si” certo dato a Dio per tutti
i “no” dell’uomo di sempre. La sofferenza di Gesù in
Croce e di Maria sotto la Croce è più morale che fisica, perché
riassume tutti i peccati, i “no” degli uomini. La sofferenza fisica
c’è sicuramente stata ed è stata tanta ed enorme, ma quella
morale è stata decisamente maggiore e bruciante. Tutti si salvano per
l’unico sacrificio di Cristo (diceva il Cardinale Ratzinger, ora Papa
Benedetto XVI), noi cristiani coscientemente, gli altri scegliendo il bene e
rifiutando il male.
Nella catechesi del mattino fra’ Raffaele ci ha illustrato i brani del
Vangelo di s. Giovanni dove Gesù stesso ci parla dello Spirito Santo.
Quando Gesù dice “noi” parlando del Suo rapporto col Padre,
intende anche lo Spirito Santo, perché è lo Spirito che rappresenta
l’unione tra il Padre e il Figlio, come peraltro ci ricorda sant’Agostino.
I Padri della Chiesa definivano lo Spirito Santo come il bacio d’amore
tra il Padre e il Figlio e parlavano di una incessante danza dei tre, dove l’amore
è così forte tra loro che nella sua dinamicità sprigiona
la gioia, che si esprime appunto nella danza. Ed ancor più, riflettendo,
scopriamo che questo vortice d’amore è già nel nostro cuore,
se ce ne accorgiamo. Ciascuno di noi è già dimora di Dio, Tabernacolo
del Dio Trino ed Uno. Anche la famiglia è icona della SS. Trinità
e dovunque ci sia amore vero, c’è la presenza di Dio.
Gesù ci parla dello Spirito Santo come Consolatore e Paraclito, cioè
avvocato presso il Padre per noi; infatti è lo Spirito che consola il
nostro cuore e prende la nostra causa davanti al Padre, ci difende e ci ama
sempre. Gesù nel cap. 15 del Vangelo di Giovanni ci parla dello Spirito
Santo come Spirito di verità, come suo Spirito quindi, perché
lui è Via, Verità e Vita. Lo Spirito Santo era in Gesù,
come sosteneva s. Ireneo, poiché doveva abituarsi a stare con l’umanità
e ancora oggi per noi lo Spirito Santo continua ad essere quel faro puntato
sull’Abbà e su Gesù Signore. Sta a noi lasciarci illuminare
ed indirizzare da un simile faro, qui sta il bello del nostro cammino come Chiesa
e come comunità: essere testimoni autentici di Cristo, pieni di forza
e dell’amore che ci dona lo Spirito Santo nel cuore.
Nell’omelia dell’ultimo giorno trascorso ad Avezzano, è sempre
l’infinito amore di Dio ad essere il centro della nostra riflessione e
dell’attenzione del cuore. Davanti alle parabole della pecorella smarrita
e del figliol prodigo nel Vangelo di Luca, come non rimanere colpiti della tenerezza
e dalla Misericordia di Dio per ogni uomo e in ogni tempo. Come fermare l’interna
commozione del cuore davanti a tanto amore e considerando anche l’affermazione
di Flossar, secondo cui Dio piange quando non si corrisponde al Suo amore. Il
pianto di Dio è segno del suo amore viscerale per le sue creature. Un
Dio, che a volte lascia fare al male, perché sa per alcuni conoscere
la profondità del peccato serve a conoscere la profondità della
Misericordia divina. Tuffarci insieme nella contemplazione di un Dio che ama
così è stata la conclusione migliore per tutti coloro che hanno
partecipato a questo Ritiro Spirituale, che ha nella sua caratura carismatica
segnato i cuori e le esistenze per sempre.
Tutto ciò sia per la gloria di Dio!
Alleluia!!